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CONSIDERAZIONI SU QUESTO PERIODACCIO (1)

  • Immagine del redattore: salvatore
    salvatore
  • 5 mag 2021
  • Tempo di lettura: 4 min

E’ fuori dubbio che nel trattare la pandemia errori di valutazione e di trascuratezza siano stati compiuti e, seppur con frequenza diversa, un pò da tutti.


Senza ombra di dubbio alcune decisioni sono apparse incomprensibili, non sono state ben giustificate, hanno collaborato a creare malumore, hanno alimentato disordini prima di tutto nell’intimo di ciascuno di noi e poi nella società, hanno facilmente stimolato l’ego distruttivo di personalità irresponsabili, fossero politici, giornalisti, “intellettuali” e musica andante. Tralasciando i quesiti più importanti sulla chiusura delle scuole, ad esempio molti (anche io) si sono sicuramente chiesti, quale fosse in certi periodi la differenza di rischio tra parrucchieri (aperti) ed estetiste (chiuse); mi hanno inoltre raccontato dell’impossibilità di tenere lezioni a singoli (ad esempio di lingue), ma di potersi incontrare per “consulenze”. Non sono forse equivalenti a lezioni con singoli? La distanza tra insegnante e allievo è diversa da quella tra informatore ed informato? Forse può essere addirittura maggiore.

Nemmeno mi interessa l’eventuale definizione di dittatore sanitario che mi rilascerebbero i mentecatti (termine dal tardo latino mente captu(m) = preso nella mente = con la mente imprigionata) anche qualora occupassero livelli di varia importanza nella scala politica (ma risultano di fatto distribuiti in tutti gli strati sociali), o perchè accomunati da un desiderio di “andare contro comunque” che acceca la loro intelligenza, naturalmente qualora ci fosse, o perchè interessati più semplicemente ad un tornaconto di audience elettorale.

A parte queste e tante altre distinzioni scarsamente comprensibili, l’altro aspetto inaccettabile sono state le modalità seguite nel comunicare anche le giuste decisioni. Informazione di chiusure date con brevissimo anticipo, o improvviso cambio di norme, o modifiche non sempre chiare nel metodo di “colorare” le regioni, come in un caleidoscopio che al minimo movimento cambia immagini. Anche se dobbiamo contemporaneamente riconoscere che in parte è stato il virus ad imporre questi bruschi cambiamenti. Nessuno più di me da medico lo comprende.

Si comprendono di meno certe modalità di trasmissione di notizie, si comprendono di meno, come abbiamo saputo, certe vere e proprie truffe nei dati forniti da alcune regioni. Per non dire che non si comprende affatto in questi momenti un conflitto Stato-Regioni con continue richieste incoerenti ed incostanti di queste ultime (Stato colpevole per mancata denominazione di alcune parti della Lombardia come "zona rossa", ma dalla medesima Regione accuse di Stato colpevole perché non pensa alla condizione economica e non riapre tutto, nemmeno la Campania ha brillato per coerenza e rispetto dei ruoli e così via). Né si può accettare che i partiti di destra abbiano visto il Covid come un ariete utile ai loro fini propagandistico-elettorali e non come una situazione in cui collaborare a non scatenare inutilmente e pericolosamente i propri seguaci. Responsabilità che rimane comunque in primis ai seguaci. Sono o no esseri capaci di valutare e decidere?

In contrasto con quanto detto finora però, una tra le frasi meno ragionevoli (e mi sono trattenuto dal dire più “idiote”) che ho sentito ripetere in questi giorni da tanti intervistati impegnati nelle più diverse attività o da tanta gente “comune” è stata “non è giusto che l’attività X sia chiusa e quella Y rimanga aperta, o tutti o nessuno!”.

Ho già ammesso che ci sono state scelte che hanno provocato giustamente questa perplessa lamentela, ma non me la sentirei di generalizzarla per tutti i casi in cui ci sono state differenze di “trattamento”, cosa che ho sentito fare, nè la riterrei un comportamento politico valido, anche qualora fosse espresso (come è accaduto) da ”illustri” nostri rappresentanti in Parlamento.

Espressa dai diretti interessati mi sembra spesso una rabberciata recriminazione come si potrebbe sentire solo tra due bambini di asilo che litigano sul fatto che abbiano meritato o meno una diversa merenda ricevuta o tra adulti la contestazione di decisioni arbitrali in una partita di calcio.

Se invece espressa dai politici atteggiati a difensori delle più eterogenee categorie è senza dubbi da considerare come già detto una squallida furbizia per accaparrare consensi, costi quel che costi. Peccato che potrebbe costare a noi altri.

Cosa voleva affermare chi esternava la frase in esame?

Chi pronuncia quelle parole non veniva sfiorato dall’idea che ci siano state situazioni più pericolose di altre ai fini del contagio e della malattia? Che ci siano stati contesti in cui non saremmo riusciti (se lo siamo) a garantire i sistemi di protezione come in altri? Che ci siano state soprattutto alcune attività indispensabili alla vita biologica (salute) che è il fondamento di quella sociale e di quella culturale, per cui per le prime attività il rischio di non chiusura era rassegnatamente accettabile al confronto delle altre in cui era accettabile solo la prudenza?

Purtroppo anche quest’idea che sembra tanto democratica, a me pare figlia dell’invero pseudodemocratica idea di “uno vale uno”. Mi chiedo chi può pensare che in qualunque campo il principio motore debba essere questo. Solo dei boriosi superficiali tuttologi di cui sono piene città, quartieri, condomini. Se si ragiona mi dico chiaramente di sentirmi antidemocratico, perché in queste condizioni più che un'uguaglianza vedo una livella, semplificando in un concetto potrei dire che ho sempre ritenuta valida l’uguaglianza di diritti (e doveri), non superficialmente di funzioni o attività spicciole. Se fosse così perché dovrebbero esserci ad esempio pompieri, medici, poliziotti, infermiere che devono letteralmente tuffarsi nel pericolo quando altri si ritirano nella sicurezza? Sto dicendo un’idiozia, lo so, ma appunto è per mantenermi al livello della stessa idiozia di cui sopra, di chiunque, quando gli fa comodo, voglia equiparare tutti ad un medesimo disegno di opportunità e rischi.

Aggiungo alle critiche precedenti la ferrea considerazione che i famosi “ristori” per le attività che sono state bloccate dovevano, devono, arrivare in tempi brevissimi ed avere la giusta consistenza “percentuale” rispetto a quanto ciascuno ha perso e sta perdendo in questo isolamento forzato. La giusta consistenza rivalutabile, come giustamente è stato stabilito (almeno a parole), secondo quanto negli ultimi tempi ciascuno ha denunciato. Vuoi vedere che in questa occasione almeno qualcuno si sarebbe accorto che forse onestà e trasparenza non sono concetti da definire solo buonisti, ma anche giusti e tutto sommato utili?....

 
 
 

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