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GABBIE APERTE (1)

  • Immagine del redattore: salvatore
    salvatore
  • 23 apr 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

Non ne posso più. In rare occasioni, lo confesso, non sono riuscito a resistere ed ho risposto. La maggior parte delle volte mi sono limitato a leggere, a guardare o ad ascoltare, forse ho scosso la testa, mi sono morso la lingua e mi sono detto: passerà, sicuro passerà. Ciò è stato in genere sufficiente a trattenermi dal rispondere. Devo ammettere però che, riacquistata così una certa tranquillità mentale, mi sono anche sempre chiesto: sicuro? Passerà? Finirà? E’ veramente una cosa del momento? Dettata dall’ansia? Sconsolato mi sono smentito da solo. Da tempo le cose vanno così, sono peggiorate col tempo e temo non possano che peggiorare ancora. Questa imprevista situazione provocata dal virus ha soltanto immortalato una fotografia per cui molti erano già da tempo in posa. A cosa alludo? Alla marea montante, allo tsunami, alla valanga di video in internet, di email al computer, di messaggi su whatsapp, di post su facebook, di trasmissioni radio (spesso “secondarie” o per natura “radio-contro”), di dibattiti televisivi, di articoli su giornali (spesso altrimenti ignorati), in cui una moltitudine si ritiene in diritto di diffondere le ipotesi più strane, fantasiose, arzigogolate, oscure, contorte, indimostrate sulla nascita del virus, sull’estendersi della pandemia e sulle terapie da mettere in atto per risolverla. Tutto o quasi tutto altrove in seguito smentito dati alla mano e ragionamenti logici alla mente. Intendiamoci, non tutte le trasmissioni, non tutti i messaggi, non tutti i dibattiti, non tutto di tutto insomma, ma molto, troppo.


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Eravamo un popolo di allenatori della Nazionale di calcio, ora ci siamo scoperti divulgatori scientifici e scegliamo quali verità diffondere, di quali virologi, epidemiologi, infettivologi, medici, biologi dobbiamo fidarci, così come, tra poco, scopriremo i favoriti economisti e psicologi soprattutto esperti della sindrome da stress. Con tanti saluti alla effettiva competenza, allo studio, al ragionamento, alla comprovata esperienza, alla dimostrazione delle ipotesi. Intendiamoci, molti virologi, infettivologi, scienziati, reali esperti insomma, si sono lasciati andare a passerelle da prima donna o a vere e proprie litigate su argomenti che dovevano rimanere tra le mura dei vari laboratori. Non perché “i panni sporchi si lavano in casa”, ma per non contraddire quello che nel loro lavoro é un pilastro, cioè che la scienza è anche disaccordi e liti furibonde sulle ipotesi e sulle tesi, ma devono rimanere tra scienziati, almeno fin quando non viene appurata la verità o quello che, secondo logica e dimostrazione più si avvicina alla verità. Possibilmente convalidata da più scienziati, dalla maggioranza di essi, anzi ottenendo le medesime prove ma in laboratori diversi (è questo che esige e garantisce il metodo scientifico), conservando inoltre l’apertura a tutte le modifiche che dovessero presentarsi come migliori, e senza il limite di una fede laica in una supposta coerenza inamovibile, che la biologia non può ad ammettere. In questo tratti in trappola, spesso dalle lusinghe di furbi intervistatori, abili giornalisti, opinionisti sornioni che frequentemente, per desiderio di scoop, aumento di audience, incremento di likes e simili traguardi professionali non hanno esitato a mettere a confronto, a gara, direi a litigata, seri uomini di studio, intrappolati talvolta in ebbrezza da protagonismo. Per non parlare di quelli tra loro che, magari con passati seri e brillanti, ma ormai in qualche modo ai margini per età o lontananza dal mondo scientifico, si sono trovati di nuovo davanti il red carpet rappresentato da polemiche, non voglio dire fuori luogo proprio in nome dell’opportunità del dubbio scientifico, ma senz’altro fuori tempo. In prospettiva utile o no, penso che valga la pena tornare ad occuparsi di questi punti di vista.

 
 
 

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