QUALCHE ALTRO PENSIERO sulla SANITA’ OSPEDALIERA VALTELLINESE prima che DIVENTI VIRTUALE (2)
- salvatore

- 14 gen 2022
- Tempo di lettura: 4 min
A questo punto comunque non voglio affatto tirarmi indietro dall’impegno di esplicitare una mia visione pratica della sanità in provincia, per carità solo “terra-terra”, al di là di qualunque complessa proposta politica elaborata da chi comanda questa regione o da chi viceversa è all’opposizione; lascio ai politici questo divertimento di compilazione con le idee più innovative o più astruse o che contemplano i termini più fantasiosi e riferendomi fondamentalmente alla sanità ospedaliera, dato che da tempo penso che sarebbe ora che ciascuno tornasse ad occuparsi e a curare in particolare ciò di cui è o è stato “addetto ai lavori” ed io sono stato medico ospedaliero.
Confermando quindi che si tratta solo dell’espressione di mie “idee pensate ad alta voce”, ripeto anche quanto detto all’inizio delle mie riflessioni sui problemi sanitari in generale. Non ho nessun ruolo, nemmeno più quello di primario (decisionale in gran parte solo sulla carta) perché sono in pensione; non credo di aver danneggiato qualcosa o qualcuno con quanto scritto fin ora sulla sanità, nemmeno offenderò con quanto eventualmente aggiungerò. Raccomanderei di considerarle solo opinioni di chi ha vissuto l’ambiente ed i problemi annessi, né più né meno di tanti altri che hanno fatto la stessa cosa e magari hanno ed esprimono invece idee diverse dalle mie ed hanno prospettive diverse; nulla da obiettare nei riguardi loro e delle loro prospettive almeno se sono state, sono e saranno espresse coerentemente.
Penso un po' alla Nazione, un po' alla Regione ma mi calo prima di tutto nel concreto di un territorio non piccolo ma relativamente poco abitato e nella concretezza di ciò che la valle può offrire oltre che delle sue difficoltà. Ribadisco che importante e basilare secondo me è cercare di essere per quanto possibile aderenti a quei punti guida da me precedentemente individuati.
Senza contare che saranno i fatti a giudicare nel futuro, anche immediato, le scelte attuali. Chi vorrà essere obiettivo, intellettualmente onesto, vedrà e ritroverà le conseguenze buone o cattive delle scelte fatte “oggi” rispetto a quelle che io auspicherei e che secondo me dovevano essere fatte già “ieri”! Potrà rendersi conto, almeno in cuor suo, se sono state decise solo per gli opportunismi più vari o perché realmente necessarie ed utili. Nessuno si nasconda però dietro la scusa di una situazione inaspettata né di una decisione che era difficile da immaginare e prendere, visto che da anni a mia memoria gran parte degli addetti ai lavori in ospedale pensava orientativamente a soluzioni simili; ricordo personalmente a questo proposito e con un po’ di frustrazione il pensiero di tanti che, militando ora in qualche specifico partito, si sentono notevolmente “obbligati” per posizione “politica” a dire cose diverse o addirittura opposte a quelle che a suo tempo sostenevano, mentre mi sarei aspettato ingenuamente una non condivisione almeno di alcune delle “innovazioni” ultimamente apportate dai rispettivi "capi" (da cui la delusione per la mancanza di un minimo di coerenza).
Insomma credo che anche in questa occasione i risultati si vedranno alla lunga e torna in mente il nostalgico ritornello sempre valido ma di un 'epoca ormai lontana “…the answer my friend is blowing in the wind…”.

La mia ripeto è quindi solo un’opinione strettamente personale, che come tale e come nei Promessi Sposi diceva il Manzoni (il romanziere, non l’ospedale di Lecco, ma forse anche quello!) “è un vaso di coccio tra vasi di ferro”.
Proprio riflettendo sulla sanità della provincia di Sondrio, comincio col dire che andando indietro nel tempo a quando nell’ormai lontano 1982 sono arrivato quassù provenendo da Roma, mi sono ritrovato in un territorio che mi è subito sembrato eccessivamente dotato di strutture ospedaliere.
In Valtellina-Valchiavenna mi pare ci fossero allora circa 178.000 abitanti, che ora forse sono anche diminuiti causa denatalità (come in tutta Italia), sicuramente non pienamente bilanciata dalle persone immigrate nonostante i clamorosi allarmi di invasione che la Lega e Fratelli d’Italia ci propinano in ogni occasione per far leva o su chi è in malafede o su chi è irrazionalmente sovrastato da paure ancestrali o semplicemente da chi intellettualmente proprio meno dotato ed incline a pensieri semplicistici. Contemporaneamente e paradossalmente mi sembra invece cresciuto il numero dei soggetti amministrativamente afferenti all’ATS della montagna per la pregressa e sconsiderata riforma sanitaria regionale che ha ampliato il territorio, estendendolo a realtà disomogenee e complicando i già precari equilibri logistici.
Il territorio risultante vede in attività, più o meno intensa, più o meno regolare e proficua 4 ospedali, centro prelievi, ambulatori e consultori; in quel tempo ben 5 ospedali erano addirittura sul solo territorio provinciale di Sondrio, che al momento del mio inizio di attività lavorativa si poteva definire e più volte lo si è definito come “un quartiere di Milano”; indubitabilmente se non proprio solo un quartiere, dal punto di vista del numero di abitanti tutta la provincia se non l’ATS della montagna corrisponde comunque solo ad una minoritaria porzione di una grande città. Quali abitanti cittadini di un quartiere o poco più aveva ed ha a disposizione 5 ospedali?

Allora avevo detto a me stesso “Questi o sono troppo ricchi o chiamarli spreconi è un eufemismo, altro che i terroni”. Sentivo parlare del monumentale “Morelli” di Sondalo che per i primi anni non ho nemmeno mai visitato (ne dirigeva il reparto di anatomia patologica un’altra dottoressa) e lo vedevo solo da lontano e dalla strada quando facevo gite a Bormio o Livigno.
Di certo era ed è imponente.
Pian piano ho approfondito la conoscenza di alcune situazioni e ho focalizzato meglio alcuni aspetti. Ben prima che diventasse argomento di dissertazioni politiche, ho compreso e preso atto di cosa significasse “sanità di montagna”, anche se non impiegavo nella mia mente quegli specifici termini. Ho capito che non bastava e non era giusto semplicemente fare delle operazioni matematiche, delle proporzioni tra numeri (es gli abitanti e gli ospedali o l’ospedale necessario), ma bisognava tener conto di tanti altri elementi, tener d’occhio le difficoltà presenti da diverse prospettive.
Tutto questo però fino ad un certo punto. Già allora pensavo nettamente che in questo necessario occhio di riguardo per le peculiarità del territorio montano ci fosse comunque un confine non valicabile rispetto ai criteri indispensabili per una buona e moderna sanità. Ora lo penso ancora più fermamente secondo quanto scritto in precedenza su questo stesso blog.
segue....
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